Archivio per novembre 2007

Suicidi per la libertà

Vi segnalo un interessante articolo su Pagina12 in cui Juan Gelman riprende una statistica della CBS News. Secondo i dati raccolti, nel 2005 tra i veterani statunitensi rientrati in patria dalle guerre in Irak e Afghanistan ci sono stati ben 6256 suicidi. Centoventi ogni settimana, diciassette al giorno. Più del doppio dei morti sul campo di battaglia in 4 anni di guerra in Irak. Gelman traccia un parallelo tra questi suicidi e quelli commessi dai terroristi islamici e riprende un articolo apparso qualche giorno fa su alternet.org in cui è riportato un altro dato significativo: sempre nel 2005, a fronte dei 6256 suicidi di veterani di guerra, in Irak ci sono state circa 150 morti documentate a causa di attacchi suicidi. Un rapporto di 40 a 1. Al di là delle fredde statistiche, sempre questionabili, e nonostante il presidente Bush affermi che i terroristi suicidi “non sono come noi, non danno alla vita lo stesso valore che le diamo noi”,  resta il fatto che siamo in piena competizione per la promozione di una cultura del suicidio e della morte.

Aquarela

E o futuro é uma astronave…

Musica e colori, in un sabato fresco, grazie a Manù.

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L’ultima predica di padre Greco

Da “La Catena di San Libero” di Riccardo Orioles – via Girodivite.

Do’ Vangelu secunnu Luca

Capitàu ’n sabutu ca Gesù ava trasutu na casa di unu de’ capi raisi de farisei ppi mangiari e a gente stava ddà a taliarlu. Virennu comu li ’nvitati s’affuddavunu a pigghiarisi i megghiu posti, ci stampau na lizioni:

“Quannu si ’mmitatu na ’n spunsaliziu da corcarunu, non t’assittari ’o primu postu, pirchì po’ capitari ca arriva unu cchiù ’mpurtanti di tia e chiddu ca v’invitau veni a diriti: susiti, ca ddocu s’assittari st’amicu me. Allura ti finisci d’assittariti all’ultimu postu, cu’ tantu di mala cumparsa. ’Nveci, quannu sì mmitatu, si t’assetti all’ultimu postu vinennu u patruni ’i casa ti dici: unni ti ’o mittisti. veni cchiù avanti. Accussì fai na bedda cumparsa davanti a tutti e ’mmitati. Pirchì cuegghiè si senti cacocciula, finisci murtificatu, e cu s’incala, agghiorna cchiù ’mpurtanti”. Poi ci rissi o patruni i casa: “Quannu ammiti qualcunu a mangiari ni tia, no ammitari i to’ amici, o i to frati, o i to’ parenti, e mancu genti ricca, picchì chissi si levunu l’obbligu ammitannuti macari iddi. O cuntrariu: quannu fai ’n fistinu, ammita puvireddi, storpi, zoppi e cechi, accussi si cuntentu di non aspittariti nenti di nuddu. ’gn’iornu appoi ricivi ’n ringraziamentu ranni quannu t’assetti cu tutti l’autri galantomini no’ jornu da risurrezioni”.

Si dici: Parola do Signuri.

A volte ritornano

Nell’interno dell’Argentina, a 1000 km da Buenos Aires, nel 2007, può succedere anche questo: gruppi paramilitari armati, al soldo di latifondisti, che minacciano, picchiano, torturano i campesinos per cacciarli dalla terra. La cronaca in un articolo del quotidiano Pagina12 di ieri.

Isole, che passione!

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Per chi, come il sottoscritto, fosse affascinato dalle isole, segnalo questa classifica stilata dalla rivista National Geographic Traveler. Sono 111 isole e arcipelaghi valutati in base a criteri come la qualità dell’ambiente, le condizioni di edifici storici e siti archeologici, l’integrità sociale e culturale. In testa ci sono le Faer Oer, ben posizionate anche la Sardegna e la Sicilia. Buona posizione in classifica anche per Ilha Grande, vicino a Rio de Janeiro, una delle isole più belle che ho visto finora. Guardando la classifica, magari la prossima meta potrebbe essere Chiloé, chissà. Ho notato però un’assenza inspiegabile, l’arcipelago di Fernando de Noronha, descritto da amici che ci sono andati come un vero e proprio paradiso terrestre. A proposito di isole, un ricordo personale: una volta, molti anni fa, c’era una ragazza che voleva che andassimo a vivere insieme alle Faer Oer. Alla fine io non ci ho messo mai piede, alle Faer Oer; non so lei.

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La patente

ristorante-italiano.jpgIeri il mio collega Daniel si è dovuto buttare in un fosso con la macchina del progetto per evitare di scontrarsi con un matto che veniva in direzione opposta. Alla fine Daniel non si è fatto niente, solo un po’ di spavento. Neanche l’auto ha subito grossi danni, molto fango su un lato e s’è rotta la manopola delle frecce e dei fari. Frecce e fari sono importanti su un’auto – come nella vita – e così stamattina sono uscito presto per risolvere il problema. Il meccanico vicino casa mi ha indicato un negozio di autoricambi Fiat all’angolo di Honorio Pueyrredon e J. B. Justo. Sono andato, ho trovato il ricambio e ho chiesto la fattura. I dati per farmi  fare la fattura non riesco a impararli a memoria e ce li ho nel portafogli, segnati su un post-it che, a sua volta, è attaccato alla patente di guida (metodo antidiluviano, lo so). Il signore a cui do i dati per la fattura – un sessantenne serio, grasso e pelato – comincia a rigirare la mia patente tra le mani, la apre, guarda i miei dati, la foto. Tale intrusione comincia a innervosirmi. A un certo punto il signore alza lo sguardo verso di me, si apre in un sorriso e comincia a parlarmi in italiano. Chiama gli altri gestori del negozio (fratelli? cognati?) per mostrare la mia patente come se fosse un prezioso cimelio. E tutti parlano in italiano, un italiano sorprendendemente corretto. Anch’io, ormai arresomi al clima di fratellanza peninsulare, comincio a parlare in italiano con loro. Potremmo trovarci in un qualsiasi negozio di autoricambi di Milazzo o di Pordenone. Esco con un “grazie e arrivederci”. Continua a stupirmi questa Argentina tanto italiana.

Compagni di gioco

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Come già probabilmente saprete, il venerdì (e ogni tanto anche la domenica) vado a giocare a pallone. I resoconti tragicomici di queste partite si possono leggere qui. Il gruppo è simpatico e variegato: dai ventenni con fiato da vendere che vanno su e giù per il campo come se niente fosse ai quarantenni appanzati e affannati che arrancano (arranchiamo) come possono. Si gioca per divertirsi, niente entrate dure, niente scorrettezze, grande fair play generale. Vabbè, ogni tanto qualcuno comincia a imprecare (“putear” nel colorito gergo locale) perché non gli passano la palla, qualcun altro quasi passa alle vie di fatto per reclamare un rigore non dato, e c’è anche chi arriva ad abbandonare il campo per protesta (e ci manca solo che si porti via il pallone). Però ci divertiamo, con Javier (futuro arbitro), Luis (el arquero), Rodrigo, Carlos “pelado” (ma non è il solo pelado), Eduardo (el ex-arquero que no quiere volver al arco), Juan, Carlitos, Toto, Francesco, Patricio, el “negro” Esteban, Ale, Andrés… Ah, la foto sopra? sì, ogni tanto viene a giocare con noi anche quello della foto. Non “quello”, l’altro, quello coi baffi, Gustavo.

Intervallo

Prendetevi 30 secondi per contare le pecore:


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