Archivio per dicembre 2007

Ora legale

obelisco.jpgAlla mezzanotte di oggi le lancette argentine andranno spostate un’ora in avanti. Pur senza ammettere di trovarsi a fronteggiare una vera e propria crisi – anche per questo il cambiamento d’orario avviene a stagione estiva già inoltrata -, il governo argentino ha preannunciato un piano di risparmio energetico di cui l’introduzione dell’ora legale è una delle misure principali. L’obiettivo dichiarato dal governo è ridurre la domanda annuale di energia del 6%. Dal punto di vista del cittadino comune, l’ora legale non è mai stata ben accetta a queste latitudini. Qualche anno fa, in Brasile, quando il governo di Fernando Henrique Cardoso di fronte ad una grave crisi energetica cercò di imporre l’ora legale anche alla regione nordestina del paese, alcuni stati che avevano adottato il nuovo orario, dopo poche settimane dovettero fare retrofront sulla spinta delle proteste dell’opinione pubblica. Nel frattempo, nelle campagne dell’interno, i contadini disorientati si regolavano in base a due orari “a hora de Fernando Henrique e a hora de Deus“. In Argentina i giornali riportano già le previsioni di studi scientifici che annunciano disturbi generalizzati, depressione e insonnia. Magari non è così grave ed è solo questione di farci l’abitudine. Vedremo. Intanto con l’introduzione dell’ora legale, Buenos Aires avrà lo stesso orario di Rio de Janeiro e di San Paolo, sarà un’ora avanti rispetto a Recife e Salvador de Bahia e tre ore indietro rispetto all’Italia. Prendete nota.

Ancora sugli accenti

Ho finito di leggere in questi giorni un romanzo che avevo portato dall’ultimo viaggio in Italia (grazie a Eleonora e a Tiziana). Un bel libro, quasi 600 pagine, dense, per raccontare la storia di una donna – la sua epopea, si potrebbe dire – nei primi decenni del secolo scorso. Peccato che tutto il testo sia infarcito di parole con l’accento errato: “giú, lí, cosí, piú, sí”. E’ strano come possano succedere queste cose nelle patrie tipografie, che a mettere gli accenti acuti in italiano ce ne vuole di pazienza. Non so a voi, ma a me dà fastidio.

Cultura italiana

Il supplemento culturale del quotidiano La Nación dà il benvenuto alla nuova direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires, Giuliana Dal Piaz. Annunciate le visite in Argentina per il prossimo anno di Baricco, Ammanniti, Fabbri e Vattimo.

Acqua, etica e blog

bluemarble_2005_sam_09_1024.jpgRocco Cotroneo è giornalista e fa il corrispondente per il Corriere della Sera da Rio de Janeiro. Da alcuni mesi, Cotroneo ha anche un blog, Americas, in cui riporta notizie, riflessioni e commenti che, al di là del fatto di essere d’accordo o meno, sono sempre interessanti ed espressi in maniera professionale. Negli ultimi giorni, Cotroneo ha scritto sul suo blog due post sulla protesta di dom Luis Cappio contro la deviazione delle acque del São Francisco. Il primo post, analizzando le ragioni dell’una e dell’altra parte, si concludeva con una sorta di sospensione del giudizio “insomma, è difficile capire chi abbia ragione”. Nel secondo, invece, Cotroneo sembra aver superato le incertezze e si schiera apertamente contro la protesta di dom Luis. Che in proposito io la pensi in maniera diversa da Cotroneo l’ho scritto qui alcuni giorni fa. Ma non è questo il punto. C’erano invece delle considerazioni, nell’ultimo post di Americas, che ieri  mi avevano spinto a inviare un commento con alcune semplici considerazioni personali. Il mio commento finora non è apparso sul sito, dev’essere per un problema tecnico; comunque, visto che mi ero preso la briga di scriverlo, lo riporto qui, a futura memoria.

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Personaggi inquietanti

personaggio-inquietante.jpgHo ricevuto una mail da Lidia in cui  mi parla del clima natalizio al paesello, in Italia, e mi descrive simpaticamente la ricomparsa degli “inquietanti” (l’aggettivo è suo) Babbo Natale che si arrampicano sui balconi delle case. Anche da queste parti abbiamo in nostro bel clima natalizio, nonostante il caldo afoso di ieri. La città è come impazzita, caos, corsa ai regali, clacson furiosi, file interminabili, alberi di natale illuminati e stelle comete per adornare le avenidas. Insomma un mix perfetto per prepararsi a un Natale normale (a parte i 35 gradi dell’estate australe).

In un angolo tranquillo dietro casa, però, mi sono imbattuto in un personaggio – quello della foto qui accanto – tanto e forse anche più inquietante dei Babbo Natale nostrani. Ho pensato che avrà i suoi buoni motivi, alla vigilia di Natale, per voler arrampicarsi su di un muro e infilarci la testa. Ad ogni modo, Buon Natale anche a lui.

Uma vida pela vida

dom-luis-cappio.jpg

Dom Luís Cappio, vescovo nel nord dello stato di Bahia, sta facendo uno sciopero della fame dal 27 novembre per protestare contro il faraonico progetto del governo Lula di deviare un fiume, il São Francisco, che attraversa un’area semiarida del nord-est del Brasile caratterizzata da precipitazioni scarse e irregolari. Dom Luís, che è frate francescano, vuole salvare il fiume, sostiene che l’opera prevista dal governo non è stata discussa con le popolazioni locali e alla fine andrà a beneficio dei grandi latifondi mentre la povera gente continuerà a soffrire la cronica scarsità d’acqua; dom Luís sostiene che per alleviare la sete del semiarido nordestino ci sono delle alternative meno costose, più efficaci e anche rispettose dell’equilibrio ambientale. Dom Luís ha ricevuto la solidarietà della Conferenza Episcopale brasiliana, di movimenti popolari e associazioni, di persone umili e di gente famosa. Dom Luís con la sua ostinazione, sta mettendo in difficoltà lo stesso Lula, che ha dovuto autorizzare il suo capo di gabinetto ad aprire un canale di dialogo col vescovo. Dom Luís è un uomo coraggioso ed è disposto a portare la sua protesta in favore dei piccoli contadini, delle popolazioni indigene, delle comunità rurali, fino alle estreme conseguenze. Uma vida pela vida.

Affari di famiglia

Ieri alla cerimonia di insediamento di Cristina Fernández de Kirchner alla Presidenza della Repubblica Argentina, l’Italia era rappresentata da Rosy Bindi, ministro delle Politiche per la Famiglia. Mai scelta fu più azzeccata: la staffetta tra marito e moglie alla Casa Rosada era proprio un affare di famiglia.

Il petrolio non basta

Il settimanale argentino Noticias pubblica un reportage intitolato “Las nuevas potencias” su sei paesi produttori di petrolio che possono influenzare il prezzo del barile. Tra questi c’è la Guinea Equatoriale, un paese a cui sono legato da ricordi professionali e personali. Si tratta di un piccolo paese, situato nel Golfo di Guinea, l’unico dell’Africa sub-sahariana ad essere stato colonizzato dagli spagnoli. Fino agli anni sessanta, ancora sotto il regime coloniale, la Guinea Equatoriale era considerata una specie di “svizzera africana”. La produzione del cacao, di cui la Guinea era uno dei maggiori esportatori, garantiva alla popolazione un buon livello di reddito e l’accesso ai servizi essenziali. A metà degli anni settanta, la crisi internazionale dei prezzi del cacao fece scivolare il paese verso una crisi sempre più grave. A quel punto la Guinea era diventato un paese indipendente e alla crisi economica si accompagnò una crisi politica per cui, nel 1979, un colpo di stato portò al potere Teodoro Obiang Nguema. Dopo quasi trentanni e dopo aver governato il paese col pugno di ferro, Obiang Nguema è ancora oggi al potere, anche se negli ultimi anni si fa eleggere presidente con elezioni sulla cui correttezza ci sarebbe tanto da ridire (sullo scenario internazionale non è il solo a governare con una parvenza di elezioni democratiche). Abbandonate le fincas di cacao, adesso la ricchezza del paese è basata sul petrolio, la cui estrazione è stata affidata in questi anni a compagnie francesi e statunitensi. Ma nonostante gli introiti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti, la Guinea Equatoriale oggi è uno dei paesi più disgraziati del continente. Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano stilata dall’Undp, il paese occupa la 127a. posizione; l’aspettativa di vita dei guineani è di appena 50 anni; il 57% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Evidentemente i ricavi del petrolio prendono altre strade e non servono a migliorare sanità, istruzione e altri servizi basici per la popolazione.

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