Archive for the 'Diario' Category

Regalo di compleanno

Recife è stata la prima città dove sono arrivato in Brasile. A Recife, nei tre anni in cui ho lavorato a Brasilia, ci sono tornato spesso. In seguito, a Recife ho passato quattro anni intensi dal punto di vista personale e professionale. In quella città, difficile e piena di contrasti, ma ricca di storia e di cultura, di suoni e di sapori, mi sono trovato sempre bene. Un pezzo del mio cuore dev’essere rimasto sulle rive del Rio Capibaribe, tra una cartola e un maracatù.

Perù

Sono atterrato in Perù. Se posso vi aggiorno con Twitter qui oppure nella colonna qui a destra, in alto. Intanto vi lascio una frase suggerita da un’amica che vuole rimanere anonima (chissà perché…)

“Il viaggio promuove sommovimenti interiori, strane associazioni, libera cattivi e buoni umori in una tale quantità che spesso siamo i primi a sorprenderci del nostro serbatoio interno” (“Non per cattiveria. Confessioni
di un viaggiatore pigro”, di Antonio Pascale, Laterza).

Migrante e migratore

L’altra sera mi trovavo davanti all’aeroporto di Catania aspettando che qualcuno venisse a prendermi. Solita gente, i tassisti, i passeggeri che escono assatanati a fumare l’ultima sigaretta, qualche perdigiorno. Passa accanto a me un uomo, un immigrato, che parla al cellulare in una lingua per me incomprensibile. I nostri sguardi si incrociano per un attimo, lui passa oltre, il telefono attaccato all’orecchio. Dopo un attimo torna sui suoi passi e mi porge il cellulare. All’altro capo del filo c’è la voce di un altro uomo che nel suo italiano stentato mi spiega che suo fratello è appena arrivato in Italia, non parla una parola di italiano e mi chiede di aiutarlo a prendere un autobus che lo porterebbe in uno slargo non lontano dall’aeroporto dove qualcuno passerebbe a prenderlo per portarlo a destinazione. Va bene, nessun problema, ma come faccio a spiegare se lui non parla l’italiano? cerco di sfoderare qualche parola in inglese, il mio spagnolo, niente, assolutamente niente. L’unica parola comprensibile che lui riesce a dire è Bangladesh. Beh, è già qualcosa, sappiamo da dove viene anche se in questo momento è più importante dove deve andare. Ma che lingua parlano nel Bangladesh? Tiro fuori dalla tasca dei pezzetti di carta, comincio a fare degli schizzi, segno numeri di autobus urbani, mi sbraccio per indicare fermate e capolinea. Mi pare che i miei sforzi non abbiano molto successo. Ogni tanto lui ricomincia a parlare al cellulare col fratello e regolarmente me lo passa, almeno ho qualcuno a cui confidare la mia frustrazione. Proviamo col telefono senza fili, io spiego qualcosa in italiano al telefono e poi lui lo spiega nella loro lingua misteriosa al fratello, che ascolta sempre compìto ma non sorride mai. Questo quadretto delizioso va avanti per una buona mezzoretta. Risultati scarsi, direi nulli. Tra l’altro non passa nessun autobus, il vigile urbano impegnato a multare i furbastri della sosta vietata mi dà delle informazioni che si rivelano sbagliate. Alla fine la grande decisione, presa ovviamente in questa specie di teleconferenza interculturale: il fratello raggiungerà a piedi lo slargo. Faccio una piantina col percorso da fare sul retro di un biglietto della metropolitana di Milano. Lui fa segno di aver capito, mi ringrazia a suo modo e si avvia lungo il vialone lasciandosi l’aeroporto alle spalle. Good luck, ne ha bisogno. Io torno sui miei passi, a osservare distratto tassisti e passeggeri. Penso di avergli dato una mano. O forse no. Ah, ho dimenticato di verificare prima se fosse un clandestino.

Ci vediamo

Questo blog se ne va un po’ a spasso per il centro Italia.

tonno subito

Non proprio tutti…

Avviso ai malcapitati turisti che da Siracusa volessero recarsi all’aeroporto di Catania in bus con il servizio (servizio?) della ditta Interbus. Allora, io vado alla stazione di partenza degli autobus per verificare gli orari per l’indomani mattina. Arrivo alle 19 e 30 e la biglietteria chiude alle 19. Poco male, sulla parete del casotto/biglietteria sono affissi gli orari. Ce n’è uno alle 7 e 40, perfetto per la mia amica Roberta che deve partire. Possiamo andare a cenare tranquilli. L’indomani mattina arriviamo alle 7 e mezza, scendo dalla macchina e chiedo (presentimento?) alla ragazza che sta in biglietteria a che ora parte il prossimo autobus per l’aeroporto. “Alle 11”, mi risponde. “Ma come alle 11?- chiedo allarmato – e quello delle 7 e 40?” “Quello delle 7 e 40 non c’è”. “Non può essere – insisto – è segnato sull’orario che avete affisso qui accanto!”. “Sì, è segnato anche sull’orario ufficiale,- mi dice lei serafica – MA LO SANNO TUTTI che quello delle 7 e 40 non c’è'”. Mi agito, rischio di perdere la pazienza. Lo sanno tutti? ma che vuol dire lo sanno tutti? e come si fa a saperlo? che ci vuole a cancellare dall’orario quello delle 7 e 40 con un tratto di penna? Mi è venuta voglia di metterle le mani al collo e strangolarla. Invece ho ripiegato su prendere la macchina e accompagnare Roberta all’aeroporto. Poveri turisti, in che mani sono.

Affinità abitative

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Ci sono molti modi di scoprire la propria ignoranza. Una piuttosto originale è andare a vivere in una strada di Siracusa che si chiama via Archia e non avere idea di chi fosse il suddetto e di cosa abbia fatto per meritarsi una strada tutta per sé. Meno male che a Siracusa, nella targa stradale, mettono già qualche indicazione: Archia era un nobile corinzio che nel 734 a.c. fondò Siracusa. Una rapida ricerca su internet mi fa scoprire che, a proposito delle motivazioni della spedizione di Archia, qualcuno afferma che “egli non cercava solo un luogo di passaggio, ma una terra dove dare una speranza futura a tutti i cittadini che con lui avevano deciso di emigrare verso nuove terre, consapevoli delle difficoltà che ciò comportava“. Mi sembra di essere finito nella strada giusta, per adesso resto qui.

Segnali dalla giungla

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Come spesso accade, ha ragione il mio amico Tanoka (nella foto, in primo piano). Lui, italiano, sta a Buenos Aires e da qualche giorno è diventato papà felice del piccolo Santiago. Ha scritto un post per far notare il tono diverso dei messaggi di augurio ricevuti di qua e di là dell’oceano. Manco a dirlo, quelli arrivatigli dall’Italia mettono l’accento sull’impegno economico di allevare un bambino, sullo stress, sulle responsabilità. Sembra che gli italiani stiano perdendo la gioia e il gusto di godersi anche i momenti più belli della vita. Forse, ogni tanto, metterci in ascolto dei segnali di speranza e serenità che arrivano dalla giungla, non ci farebbe male.

Modernità

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Gli 11 anni che ho trascorso fuori dall’Italia sono stati anni di importanti cambiamenti. Mi riferisco in particolare alla rivoluzione che ha significato l’avvento e la popolarizzazione di internet, che ha cambiato il nostro modo di comunicare, di informare ed essere informati, di lavorare, di socializzare, di vivere. Io ho vissuto questo stravolgimento in America Latina. Prima di partire, ricordo ad esempio che avevo usato una volta sola la posta elettronica per richiedere del materiale bibliografico in Costa Rica. Arrivato in Brasile, ho visto che la mail era già molto usata e piano piano mi sono adeguato. La prima casella di posta elettronica personale (una delle quattro o cinque che ancora oggi uso) l’ho aperta nel 1998. Poi è stato via via un crescendo, le connessioni sempre più veloci per navigare, l’home banking, le liste e i gruppi di discussione, icq, messenger, skype, fino ad arrivare a questo blog. Insomma, pur non facendo parte di quella generazione cresciuta a pane e  playstation, pur non essendo un fan della modernizzazione a tutti i costi, ho cercato di cogliere almeno alcune delle opportunità che internet e l’innovazione tecnologica mi offriva. Devo dire che tornato in Italia, in questi mesi mi sono trovato di fronte alcune curiose sorprese. Ve ne racconto solo due, a mo’ di esempio. Qualche giorno fa, alla sagra del paese, tra le varie bancarelle c’era uno stand con un cartello che diceva “pesca di beneficienza”. Mi è sembrato di fare un tuffo all’indietro nel passato, quello era un raro esempio di archeologia del fund raising. Fatta salva la buonafede dei ragazzi che l’avevano organizzata, mi è sembrato veramente strano che si continuino a usare strumenti così obsoleti che pensavo relegati a un mondo che non c’è più. L’altra sorpresa l’ho avuta dall”uso, a mio avviso eccessivo, che ancora si fa del fax sul lavoro. Lo ritenevo uno strumento ormai inutile e sorpassato, dispendioso in termini di tempo, antiecologico per lo spreco di carta, rimpiazzato totalmente da posta elettronica e scanner. E invece vedo che è ancora molto usato per dialogare tra uffici, per inviare comunicazioni tra Siracusa, Rimini, Milano. C’è in tutto questo qualche utilità che mi sfugge?

 

Vita da migratore

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Sembra che alla fine sto riprendendo le mie vecchie care abitudini vagabondanti. Tutti i giorni mi muovo tra Catania e Siracusa, due settimane fa ero a Roma, la settimana prossima sarò a Milano e poi forse anche a Firenze. Mi fermerò, un giorno?

Grazie, angelo!

L’altro giorno sono andato a Siracusa per sbrigare una faccenda all’ufficio del catasto. Ovviamente non avevo idea di dove si trovasse l’ufficio quindi, appena entrato in città, ho chiesto informazioni a un signore. Diamogli un nome, va’, che se lo merita, chiameremoimg_6944 questo signore Angelo. Quindi, dicevamo, chiedo ad Angelo dove si trova il catasto. Angelo comincia a spiegarmi la strada da fare ma poi si rende conto che è troppo complicato e mi dice “facciamo così, l’accompagno io, vado avanti con la mia macchina e lei mi segue”. Lo ringrazio, non speravo tanto, sto per proporgli di andare almeno insieme con la mia macchina ma Angelo è già in moto e mi affretto a seguirlo. Il traffico delle città italiane, si sa, è complicato e al secondo semaforo ho già perso di vista la macchina di Angelo. Mi sto quasi rassegnando a ricominciare daccapo e chiedere informazioni a qualche altro passante, quando sul lato opposto dell’incrocio vede un tizio che si agita e si sbraccia per richiamare la mia attenzione. E’ Angelo che si è accorto di avermi perso ed è tornato indietro a cercarmi. Si riprende la marcia, stavolta sto più attento a non perdere il contatto con Angelo. Strada facendo, mi rendo conto che arrivarci sarebbe stato davvero molto difficile, l’ufficio del catasto l’hanno piazzato proprio bene. Quando finalmente arriviamo davanti all’ufficio, mi sento sollevato e mi preparo a ringraziare il gentilissimo Angelo. Lo vedo mentre fa una manovra complicata uscendo a marcia indietro dal vialetto che porta al parcheggio del catasto e da dentro la sua macchina gli fa dei segni strani. Capisco che Angelo era andato a verificare e mi sta avvisando che il parcheggio è completo e devo cercare un altro posto per l’auto. Mi sento quasi imbarazzato da tanta gentilezza, mi guardo intorno e vedo poco vicino un posto libero in cui mi infilo deciso. Mi giro e vedo Angelo che mi fa ancora dei segni e mi indica qualcosa. E’ un cartello di divieto di sosta e zona rimozione, accidenti, non me n’ero accorto, meglio spostare la macchina da qualche altra parte. Trovo un altro posto e finalmente  parcheggio la macchina. Quando mi giro per cercare Angelo e ringraziarlo, riesco a vedere solo la sua macchina che sta già andando via. Da queste parti abbiamo tanti difetti, ma siamo fatti anche così.


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