Archive for the 'Poverapatria' Category

La cosa Berlusconi

“Berlusconi è un delinquente” scrive José Saramago nel suo ultimo libro che Einaudi, casa editrice di proprietà di Berlusconi, ha rifiutato di pubblicare. Certo, Saramago sarà anche premio Nobel per la Letteratura ma è un comunista, uno di quelli veri, comunista della prima ora e con tanto di tessera. Fa il paio con quella banda di agitatori dei corrispondenti esteri in Italia, che scorazzano per le nostre strade alla ricerca di storielle per diffamare il nostro paese. Saramago ha preso la tessera del partito comunista portoghese nel 1969 e non se n’è mai pentito. Per questo non dirige quotidiani, non è portavoce di governo, spalla di politici-imprenditori, non è un  intellettuale alla moda che frequenta salotti e studi televisivi. Ha continuato a scrivere le sue storie. E ha vinto il premio Nobel. Con i suoi 87 anni, Saramago gode della libertà di chi può dire liberamente quello che pensa senza star lì a fare dei calcoli meschini. Su El País on line di oggi (altra gente poco raccomandabile) compare un articolo dello stesso Saramago dal titolo La cosa Berlusconi in cui rincara la dose e, tra l’altro, spiega perché ha chiamato Berlusconi delinquente. Mi sono preso la briga di tradurlo.

Non vedo che altro nome gli potrei dare. Una cosa che assomiglia pericolosamente a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondamentali della convivenza umana sono calpestati tutti i giorni dai piedi appiccicosi della cosa Berlusconi che, tra i suoi molteplici talenti, ha un’abilità funambolica per abusare delle parole, sconvolgendone l’intenzione e il senso, come nel caso del Polo della Libertà, come si chiama il partito con il quale ha preso d’assalto il potere. L’ho chiamato delinquente, questa cosa, e non me ne pento. Per ragioni di natura semantica e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente ha in Italia una valenza negativa molto più forte che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. Per tradurre in forma chiara ed efficace ciò che penso della cosa Berlusconi ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli dà abitualmente, sebbene si possa avanzare più di un dubbio che Dante qualche volta lo abbia usato. Delinquere, nel mio portoghese, significa, secondo i dizionari e la pratica corrente della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o ai precetti morali”. La definizione combacia con la cosa Berlusconi senza una ruga, senza un tirante, fino al punto da assomigliare più a una seconda pelle che ai vestiti che si mette addosso. Da anni la cosa Berlusconi commette delitti di varia, ma sempre dimostrata, gravità. Per colmo, non è che disobbedisca alle leggi, ma, peggio ancora, le fa fabbricare a salvaguardia dei suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnante di minori, e in quanto ai precetti morali non vale neppure la pena parlarne, non c’è chi non sappia in Italia e nel mondo intero che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte per servirgli da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui vengono trascinati i valori di libertà e dignità che permearono la musica di Verdi e l’azione politica di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale dell’Europa e degli europei. Questo è ciò che la cosa Berlusconi vuole gettare nel bidone della spazzatura della Storia. Gli italiani, alla fine, lo permetteranno?

A mezzanotte va…

Certo che con questa storia delle ronde – o dei “volontari della sicurezza” come non si vergogna di chiamarle il ministro dell’Interno – rischiamo di aver imboccato definitivamente la strada del ridicolo. Il ridicolo partecipativo, potremmo battezzarlo. Lo Stato ammette che non ce la fa a garantire la sicurezza dei cittadini. E chiede aiuto. Prima ha mandato per strada i soldati, adesso gruppi organizzati di cittadini. Possiamo facilmente immaginare che quest’ultima mossa non sarà risolutiva e quindi prepariamoci a ulteriori stratagemmi. Il ministro Maroni, per garantire l’ordine pubblico, prossimamente chiamerà a pattugliare le strade uscieri e fattorini. E se neanche questo dovesse bastare, il governo ha un asso nella manica: i bidelli, bidelli a iosa a scorazzare per parchi e viali italiani armati delle loro tradizionali ramazze a caccia di delinquenti e clandestini. Sarà un po’ démodé, ma se proprio ronde devono essere, via con un bel giro di tango e mille volte meglio quelle… del piacere.

Senza parole

Bum!

Uno la mattina legge il giornale e resta, come dire, rintronato. Ormai è una specie di gara a chi la spara più grossa. Berlusconi ha detto che ieri a Lampedusa un migliaio di immigrati hanno fatto un corteo per andarsi a bere una birra in paese. L’on. Mussolini vuole convocare Gino Paoli davanti alla commissione parlamentare per l’infanzia per discutere una sua canzone. Il papa revoca la scomunica ai vescovi ultraconservatori lefevriani per promuovere l’unità della Chiesa universale. Ma tutto questo è niente a confronto dell’ineffabile ministro La Russa che sul caso Battisti vuole organizzare una manifestazione davanti a un cinema dove si proietta Natale a Rio e dichiara “Sappiano quanti vanno al cinema a vedere questo film che in Brasile potrebbero incontrare sulle spiagge un terrorista assassino che passeggia libero per volontà delle autorità brasiliane”. Bum!

P.S. Per controbilanciare il mio attuale momento di pessimismo cosmico, vi segnalo un bell’articolo (finalmente!) di Ida Dominijanni sul Manifesto.

Spezzeremo le reni al Brasile

Sui giornali italiani il rifiuto dell’estradizione di Cesare Battisti ha scatenato contro il Brasile dei bassi istinti celoduristi, xenofobi ed eurocentrici. La palma d’oro stamattina non la vincono i soliti noti elencati da Tripo, bensì Francesco Merlo che scrive sul progressista e civilissimo Repubblica. L’articolo di Merlo è infarcito di pregiudizi e luoghi comuni, il Brasile è definito senza mezzi termini “il paese del samba” e ancora “il paese dei ladruncoli ammazzati per strada dagli assassini organizzati, dagli squadroni della morte” in cui “farsi giustizia con le armi è politica sociale”. Certi giudizi – il Brasile “è geniale nel calcio e nella tostatura del caffè” – sarebbero da considerare semplicemente dei ridicoli stereotipi da avanspettacolo e mandati direttamente nel dimenticatoio se non fossero scritti su uno dei più importanti quotidiani italiani. Mancava solo che Merlo scrivesse che non ci sono più le mezze stagioni e che qui una volta era tutta campagna. Ma il Merlo supera se stesso quando la butta sul piano della civiltà giuridica: in Brasile “il Diritto è ancora un pasticcio culturale”, il paese “ha un basso tasso di civiltà giuridica” e “il ministro di una improbabile Ingiustizia brasiliana si erge e Giustiniano e condanna la civile Giustizia italiana”.  Con tanto di maiuscole al posto giusto. Di certo la “civile” stampa italiana non ci fa una bella figura.

Un clima provinciale

In Italia ci sono fior fiore di editorialisti (non lo linko, no, neanche se mi torturate) che dopo due giorni di nevicata a Milano tirano la conclusione che il riscaldamento globale è una balla spaziale. E vogliono farsi restituire il premio Nobel da quegli imbroglioni di Al Gore e Rajendra K. Pachauri. E definiscono il Protocollo di Kyoto un incommensurabile bidone, togliendosi il cappello davanti a Berlusconi che ha visto più lontano di tutti i Sarkozy, le Merkel e gli Zapatero messi insieme. Insomma, visto che non c’è più pericolo, qualcuno ha cominciato a fumarsi il cervello.

Dicono di noi

Il clima di ferragosto in Italia e del ponte festivo in Argentina ci fanno propendere per buone e istruttive letture. Vi segnalo quindi un articolo apparso oggi su El País dal titolo emblematico Hacia la berlusconización de Europa. L’articolo è di Zouhir Louassini, marocchino, giornalista di Rai News 24.

Condannata per l’eternità?

Leggendo questo titolo sul corriere.it uno potrebbe pensare che a Gela si siano messi a fare ripicche campanilistiche. Poi invece andando a vedere bene dentro l’articolo, quello che dice il sindaco Rosario Crocetta non mi pare una cosa completamente fuori di testa: «Non siamo contrari in sé all’eolico. Ma siamo contrari a realizzare questo impianto in una zona già fortemente compromessa sotto il profilo ambientale. Non possiamo essere una città condannata per l’eternità». Il ragionamento dell’Enel, dall’altro lato, sembra essere “lo facciamo a Gela, tanto questa città, ormai, persa per persa…”. Se proprio bisogna metterle queste pale, perché siamo sempre più assetati di petrolio, allora facciamole disegnare a qualcuno importante.

 

Lascio l’Italia

Tranquilli, era previsto che dovessi ripartire, non lo faccio perché le elezioni sono finite come sono finite. E poi immagino che di fronte alle tante dichiarazioni di volersene andare dal paese sdegnati dai risultati elettorali, tipi come Gasparri, La Russa e Schifani si sfreghino le mani dalla soddisfazione.  C’è un clima strano in questi giorni, come se si stesse con il fiato sospeso. La batosta a sinistra è stata forte, ci vorrà del tempo per riprendersi.  Ma neanche a destra probabilmente se l’aspettavano, è come se avessero alzato troppo il gomito. In televisione fior di commentatori, sondaggisti, giornalisti, politici di vari schieramenti si affannano per spiegarci quanto sia brava la Lega a intercettare “il disagio del nord” e le istanze di sicurezza e federalismo fiscale che provengono dalle regioni ricche del paese.  Mi dispiace, ma io questa cosa qua non la capisco, devo proprio essere rimasto uno all’antica, di quelli che in quel voto ci vedono tanto egoismo e un guardarsi l’ombelico. Da più parti la sconfitta elettorale del centrosinistra è stata giustamente paragonata a una Waterloo. Fuori dal coro, Ivan Scalfarotto, pur riconoscendo il disastro, è comunque contento perché dice che l’Italia ha finalmente “un quadro politico occidentale”. Sarebbe bello crederci ma viene proprio difficile avere fiducia nell’”europeità” di certi personaggi di cui conosciamo fin troppo bene la rozzezza del linguaggio, dello stile e dell’azione politica. Ormai da tempo aspiriamo a un paese normale. Bisognerà aspettare ancora, forse un bel pezzo.  E intanto, fuori, s’è messo anche a piovere.

La Sicilia dei cannoli

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La buona notizia, preannunciata per tutta la mattinata, finalmente è arrivata: Cuffaro si è dimesso. Cala il sipario sulla commedia che era iniziata dopo la sentenza di condanna di Cuffaro, con tanto di festeggiamenti, grandi sorrisi, pacche sulle spalle, attestati di solidaretà e cannoli. Speriamo che Cuffaro e i suoi compari prendano sul serio quel “perpetua” dell’interdizione dai pubblici uffici a cui è stato condannato. Resta un rimpianto. I siciliani abbiamo perso l’occasione per mandare a casa uno come Cuffaro alle ultime elezioni regionali, quando l’alternativa era rappresentata da una donna come Rita Borsellino. Abbiamo dovuto aspettare una sentenza giudiziaria, seguita dalle proteste di Pietro Grasso e perfino di Montezemolo, e finalmente anche la mobilitazione popolare. Adesso, dietro al dimissionario, preme una lunga ressa di personaggi altrettanto impresentabili.  La crisi che sta attraversando l’Italia, in Sicilia si potenzia, assume toni parossistici. Proprio come diceva Bufalino, la Sicilia è la terra degli eccessi. 

PS. Per favore, lasciate stare i cannoli, che sono una cosa seria.

Aggiornamento: su segnalazione di Paolo, guardate anche questo video in cui Cuffaro polemizza violentemente con Giovanni Falcone.


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